giovedì

Memory slot



E' arrivata confusa in ospedale, raccolta dalla stradale in una piazzola del raccordo.

Dice che non ricorda le ultime ore. Dice che ricorda di aver riportato a casa la sorella dopo la chemio.

Dice di ricordare di stare guidando sulla strada di casa. Poi all'improvviso l'autostrada non c'era più, in galleria si è spalancata una porta e le è cascato tutto addosso. Chissà perché, proprio lì sul raccordo.

Forse è cominciato qualcosa in ospedale, quando lui l'ha aggredita urlando perché lei non voleva parlare solo di chemio e di morte, perché ha suggerito (ma molto timidamente, facendo un giro largo chilometri) che si dovrebbe pensare anche a un po' di allegria. 

Ecco, forse è stato solo il fatto di aver suggerito. I suggerimenti non sono mai stati bene accetti.

Così in galleria le è tornato in mente

- quella volta che le ha portato un foglio da firmare, ma coperto in tutto tranne lo spazio per la firma e siccome ha chiesto (ma molto timidamente) cosa fosse, l'ha presa per il collo e le ha schiacciato la testa urlando di firmare. chissà se era valido quello scarabocchio terrorizzato. chissà per che cosa.

- quella volta che -a sedici anni- si è comprata un paio di orecchini. due cerchietti di tolla. strappati e storcinati, gettati a brandelli sul linoleum rosso della cucina. "delinquente!!"

- quel disprezzo per aver portato a casa un trenta al primo esame all'università. Senza la lode.

- quella prima volta che ha chiesto alla madre, un ferragosto, di dormire fuori per una festa in spiaggia. terrore. inventare una scusa. diciamo che vai in montagna da tua cugina. mamma ho ventisette anni.

- quella madre che candidamente racconta che da piccolissima le dava il valium (anzi no, si corregge, un'altra cosa più forte) per farla dormire, perché lui non sopportava pianti e vagiti. che poi ora quando è agitata ha sempre bisogno di un sorso d'acqua per poter dormire. Placebo famigliare.

- quell'altra volta che era stata di nuovo "delinquente! un farabutto! un farabutto!" perché non riusciva (non era vero che non voleva: proprio non ci riusciva) a mangiare il filetto al sale, unica cura possibile contro la tonsillite. che poi, chissà perché "farabutto" al maschile.

- terapie. quella volta quando aveva la cistite. e non ci si fermò all'autogrill per tutti gli ottocento chilometri del viaggio. sosta carburante, ma senza permesso di scendere dall'auto per la toilette (il giorno dopo, antibiotici comprati di nascosto senza ricetta. pietà di un farmacista. settantamila lire)

-  viaggi. quell'unica vacanza, in cui la portò con sé in un viaggio di lavoro. officine e rappresentanze industriali. periferie tedesche. le scenate perché non capiva le indicazioni stradali. la prima giornata, lasciata fuori da un'officina in zona Sindelfingen, una panchina su un fiume. l'ubriaco con i pantaloni slacciati e le profferte in tedesco quelle sì facili da capire. il resto del viaggio chiusa in macchina nei parcheggi dei capannoni.

- macchina. quell'unica volta che la portò al cinema. con la forza. costringendola a spinte e pizzicotti fuori di casa. chissà che film era. non si ricorda nemmeno questo. si ricorda però che prima della metà del primo tempo la prese per il polso e la trascinò via. in macchina. chiusa in macchina da sola tutta la sera sotto un portone in via Elba, che da allora non ci è mai più voluta passare. poi a casa, senza dire niente. ma a dodici anni non capisci e certe cose alla mamma le dici. e così di nuovo "delinquente! delinquente e farabutto!". sempre al maschile. chissà. 

- quell'abitudine di non rivolgerle mai (mai. mai.) la parola, parlare sempre in sua presenza ma rivolgendosi alla madre e chiamandola "questa". unica eccezione, ai successivi trenta (rigorosamente con lode): "ma allora sei  proprio mia figlia". soddisfazioni. allora studiare studiare studiare. disperatamente.

- tutti quegli occhiali. tutte le paia di occhiali che si rompevano a tavola. quando arrivava il ceffone dritto in faccia, mica perché avesse detto qualcosa, ma perché dallo sguardo "si capiva cosa stava pensando" (o forse solo "che" stava pensando). e così via, con una buona scusa e un'ottima colpevole per starsene fuori tutta la sera o tutta la settimana. e peraltro nei film prima di sferrare un pugno, gli occhiali te li facevano togliere. sì, ma nei film. anche gli sguardi non sono mai stati bene accetti.

- quella minaccia, sempre: te le dò con la cinghia! poi la cinghia è arrivata. scappava in camera, si rifugiava sul letto, contro il muro. le teneva le gambe e sfilava la cinghia. ovvero, la cintura dei pantaloni. come una frusta, però non dalla parte della fibbia, almeno: dall'estremità liscia, che fa meno male. che poi una volta quando gliel'ha ricordato da adulta, ha negato stupito. ha detto che se l'è sognato lei. forse.

Come questo sogno sul raccordo, che adesso non le si toglie più dagli occhi.