martedì

Aspetta e spera



Nel reparto Oftalmologia non c'è sala d'attesa, ma solo panchine in corridoio. Il corridoio è lungo e stretto e molto molto freddo. 
Un'infermiera del tipo energico e sbrigativo, che non corrisponde necessariamente al tipo efficiente, corre in lungo e in lungo per il corridoio cercando spifferi e finestre aperte, ma trova solo porte chiuse e perciò si ritira sconfitta.

Sulla prima panchina una coppia, lui grande e grosso con due mani come badili, lei piccola piccola con il tipico abbigliamento della suora senza hijab (scarpe chiuse con zeppa ortopedica, collant velati color carne malata, gonna nera fuori moda longuette svasata con plissé, giaccone blu scuro imbottito da uomo, occhiali in metallo, capelli grigi scorciati dal barbiere), la coppia dicevo discute del Kamasutra.
Cioè, non preoccupatevi: discute di vari sutra i cui nomi pronuncia alla maniera disastrosa degli insegnanti di yoga, facendo una gran confusione tra induismo e buddhismo. Del Kamasutra dicono che letteralmente sarebbe il sutra dell'Amore ma che è stato volgarmente tramandato come manuale di sesso. Si vede che non l'hanno letto, e si vede pure che attribuiscono a Vatsyayana dei distinguo molto cattolici e poco filologici. 

Sulla seconda panchina una signora molto truccata e molto ansiosa, con figlia adolescente, cerca di entrare nell'ambulatorio ogni volta che si apre la porta senza badare ai numerini che scattano sul display e si infuria quando prima di lei, ma alla corretta chiamata del display, entra un ragazzino dal nome arabo accompagnato da un assistente sociale.

Sulla terza panchina una signora ancora giovane lavora a maglia e tutti quelli che passano si sentono in dovere di dirle qualcosa di simpatico.

La quarta panchina è vuota. Poi c'è la scala. Sulla quinta panchina, lontano da tutti, vanno a sedersi davanti a una porta chiusa due coniugi anzianissimi.
E non solo anziani, ma proprio malconci. Lunghi lunghi e secchi secchi e soprattutto piuttosto alieni. Si siedono davanti a questa porta chiusa e cercano per cinque minuti di pronunciare la parola Oftalmologia. Poi va a sapere qual è il nesso che da lì li porta a cercare di ricostruire il testo della Canzone del Piave.

Provano e riprovano e alla fine lo ritrovano e più che mormorare lo declamano a gran voce: oltre che problemi alla vista ne hanno, comprensibilmente, anche all'udito.
Così cominciano a cantare, il Piave mormorava, e calmi e placidi la cantano tutta e poi passano a Faccetta nera e lì si esaltano e battono il tempo lui con i piedi e lei sul ginocchio con la mano.

Dopo un'oretta di cori fascisti, un'infermiera del tipo gentile e materno va ad appurare che non avevano fatto l'accettazione e che comunque in quell'angolo del corridoio non avrebbero visto il display e nessuno li avrebbe mai chiamati al loro turno.
Lui segue docile l'infermiera gentile verso l'accettazione, lei fa tre passi poi torna indietro a prendere il cappello e poi invece di uscire scende le scale e si perde nei sotterranei dell'ospedale.