mercoledì

Ventidue



Il signore lievemente miope, con difetto di pronuncia, che fuma la pipa, abita nello stesso palazzo in cui abita una signora taciturna, riservata, magra e fondamentalmente giovane. Il signore e la signora vivono in decorosa solitudine, anche se la casa della signora pecca per eccesso di ordine, e la casa del signore per difetto. Essi si incontrano praticamente ogni giorno, un incontro rapido e casuale, con un lieve sorriso, un saluto a mezza bocca. Ciascuno dei due ha pensato in vario modo alla presenza dell’altro. Senza fantasticherie, senza amore, e tuttavia a lungo. Ciascuno è lievemente, ma non sgradevolmente disturbato dalla presenza dell’altro. Nessuno dei due ha mai pensato che la conoscenza tanto casuale potrebbe diventare un dialogo più specifico e amico. Essi, infatti, non desiderano conoscersi né parlarsi. Tuttavia il problema, assolutamente minimo, che ciascuno dei due pone all’altro, non cessa di turbare, in modo trascurabile ma costante, le loro vite. Ciascuno dei due, pertanto, ha tentato di capire che cosa mai è accaduto, come sia cominciata quella astratta frequentazione, e che mai significhi quella molestia, quel cruccio che ciascuno rappresenta, e sa di rappresentare, nella vita dell’altro. Infatti, ciascuno sa che l’altro è in qualche modo toccato, sfiorato, e considera questo contatto un bizzarro enigma.
La signora ha concluso che il signore lievemente miope ha alcune qualità dell’allucinazione. Pensando attentamente, in silenzio, ella in quel volto, la camminata, il movimento delle mani, perfino in una certa giacca, ha potuto riconoscere tracce di persone scomparse da tempo, irrecuperabili e care; e si è detta, parte ridendo parte lacrimosa, che quell’uomo è un luogo d’incontro di zii, genitori, anche amiche d’infanzia e un uomo che ella ha ammirato e perduto. Il signore lievemente miope ha cercato di cambiare gli orari, gli itinerari, le abitudini, per non incontrare più quella signora taciturna, e ciò allo scopo di interpretarne la presenza. Ha sofferto intensamente, in modo privo di senso. Ma gli sembra di aver capito di essere legato a quella signora da un legame minimo ma non resecabile, qualcosa che collega i luoghi più appartati e ignorati delle loro esistenze. Quel legame non è amore, ma qualcosa che sta tra la vergogna e la predilezione. Entrambi lo sanno, ma non è loro concesso di saperlo; ogni loro incontro casuale è un furto innocuo, ma esige un perdono.