sabato

Sparring partners




thxtoG&D




 





«E' un animaletto selvatico e goffo, non è un essere sociale e non vale la pena averci una storia» si dice di lui. O di me, che importa: comunque chi parla è lei di lui, o lei di me, o lui di  lei o lui di me, o con lui o con me, o con qualcun altro e io intercetto e certo mi identifico. Ma insomma chi parla è –diciamo così– una contro-parte convenzionale.

«E non ha memoria, non ha struttura, non ha schemi. Guarda le cose e non le vede come me (ovvero, come esse sono giacché la mia visione è vera e certa). Anzi, chissà cosa guarda… i guantoni, le mani, il ring, la memoria di mille combattimenti?» dice.

Ma no. Guarda lontano. Il suo sguardo (l'ho già visto: non era il mio sguardo?) è un patio aperto sull'orizzonte, sul paesaggio, sul mondo. Basta aspettare e vedrai che ripartirà verso quel mondo aperto e libero, quella che a te pare una giungla.
No, lascia perdere: davvero non c'è storia, non cercare di andargli incontro. Né di combatterlo.

Ecco. Ci ho provato (e non sai quanto). Ho provato a guardare dove porta questo vostro gioco, il gioco d'azzardo che si gioca tra contro-partners, quello che nella mia giungla un po' selvatica non si fa. Ebbene: tutto qui?

Eh, lo so. Deludo, sfuggo, o non rincorro (ah ma se tu vuoi andare vai). Faccio anche la figura del macaco. Ma vedi, ormai sono un vecchio boxeur buono solo per gli allenamenti. Anzi, ho sempre fatto solo da bersaglio ai campioni. Decoroso, eh. Li metto anche in difficoltà. Ma il combattimento vero, il ring è un'altra cosa (l'ultima donna è un problema diverso, un'altra cosa sarà). Io sono sempre rimasto lì, all'angolo dello sparring.

Però ora, vedi, ho scoperto una calma, una serenità che non avevo mai visto (più tranquillo che mai). Pur rimanendo una bestia della giungla: ecco magari più una tigre che un macaco. Però, quanta serenità, finalmente, segreta, tutta mia.

Al punto che forse mi basta così: tentazione di scappare, di salire sul primo pulmann per non rovinare questa perfezione già compiuta, questa poesia.


Vedi, non siamo più dei ragazzini. E a una certa età ormai non si gioca più d'azzardo, non si sale sul ring per il solo gusto dello spettacolo di arte varia.

Si sente di aver diritto a un premio, a un raccolto, che un applauso ci sia dovuto. Che l'amore che sinora ci abbiamo messo, a fare lo sparring partner (e di nascosto a danzare), a un certo punto ci sia restituito.

No, lascia perdere. Se sei il tipo che ama incrociare i guantoni lascia stare, evita l'incontro. Lasciamo stare, lasciamo perdere, lasciamo andare.

 
A un certo punto ci si stacca, ci si ferma, ci si basta: forse ci si arrende. Si sta lì, dove ci hanno messi, docili e chiusi nel proprio sorriso.

Ma anche se quel che ci arrendiamo a guardare non è più la savana a perdita d'occhio ma è il binario senza uscita del tram metropolitano, dello schema convenzionale, dentro di noi vediamo ancora davanti agli occhi la giungla, la nostra medesima natura maestosa.

E sui binari e sull'asfalto, su questa strada zitta che vola via, e dietro al mio sorriso, i miei occhi-veranda continueranno a inseguire la pista degli elefanti, le nevi del kilimangiaro, una verde frontiera, tutta l'Africa e gli dei:  foschia, pesci, Africa, sonno, nausea.
Fantasia.