L'ora di pranzo è passata da un pezzo e la signora non s'è fatta vedere.
Anche ieri non s'è fatta vedere per niente.
Per fortuna la sera prima aveva lasciato una ciotola piena di croccantini, e la vecchia gatta bianca li ha fatti fuori tutti.
Ora ha la pancia gonfia ed è un po' nervosetta, ha una fame da lupo. Sarà bene che la signora si sbrighi a presentarsi, con le sue ciotole e scatolette.
La gatta bianca la aspetta. Nervosetta. Sul gradino più alto della scala che dà sul terrazzo. Arriverà, prima o poi.
Ma la gatta tigrata della vicina, si avvicina. Anche lei sul gradino. La gatta bianca quasi non muove lo sguardo, ma emette un lungo, minaccioso miagolio.
La gatta tigrata si blocca sul gradino. Con lentissima noncuranza si accuccia di fronte alla bianca, come a dire beh che c'è, il sole è di tutti.
La bianca rimiagola tra i denti: lunga, lamentosa, crudele. La gatta tigrata risponde, senza muovere baffo, con un altro lungo lamento.
Si fronteggiano a pochi centimetri, muso a muso, ma immobili e fredde come fossero altrove. E' un coro di gorgoglii rabbiosi, alternati.
Niente si muove. Sul gradino due statue di gatte al sole.
Nell'aria le voci di guerra.
Nell'aria le voci di guerra.
La vecchia gatta bianca dà un piccolo sospiro. Quasi impercettibile, come fra sé. La tigrata è immobile. La bianca in uno scatto che è un istante si scaraventa a fauci spalancate contro la gatta tigrata. Le zampe in avanti pronte all'offesa, la spinta potente dalle zampe posteriori.
La vecchia grassa gatta bianca è una palla di cannone e travolge la gatta tigrata. Spingendola oltre e avvinghiandola e azzannandola.
Volano, in un groviglio di zampe di zanne e di grida furibonde.
Volano, abbracciate e furiose in un unico balzo.
Volano insieme, giù dal terrazzo.