lunedì

Nuances

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E' l'ora delle favole.





  thxtoPetitPrince


Corte di Assise d’Appello. Due giudici togati, cinque giurati popolari. Alto come me, robusto, maglione rosso, pelle molto scura. Nigeriano. Un giorno, tornato in questa città sfregiata da una imperante violenta irrazionalità, per trovare la sua compagna, viene arrestato.

Gli viene comunicato che è stato condannato a diciotto anni di reclusione per tratta di persone, sfruttamento ella prostituzione e riduzione in schiavitù. La vittima lo aveva accusato di averla tradotta dalla Nigeria all’Italia, nel 2006. Sarebbero stati lui e suo padre.

Condanna.

Di quei processi che quando li inizia a leggere pensi alle fiamme, allo stridore di denti ed alle lacrime.In ordine invertito talvolta. E allora saresti disposto a buttare all'aria gli anni degli studi in Legge, voteresti perchè venga reintrodotta la lapidazione.

Eppure l’anima del mondo questa volta non ci sta. Non è rimasta a guardare. I segnali, che da soli non salvano mai nessuno, in questa occasione hanno trovato terreno fertile, sono stati ascoltati.

Il “mostro” si ritrova così in rinchiuso in una cella della Casa Circondariale di Catania "P.zza Lanza". Lì incontra un cliente dello studio. II mostro si trova a dormire così con un “colletto bianco”, passato dalla sua residenza nella city al freddo di una galera sicula. Dalle poltrone in pelle di una importante multinazionale, ad una stanza di diciassette metri quadri. Sei occupati dalle brande, quattro da lavandino, doccia e cesso. I restanti sette sono lo spazio vitale di dieci persone. Materialmente, quando uno sta in piedi, un altro, necessariamente, deve star seduto.

Le pulizie le fanno e di mangiare si mangia. Come e chi, con che termini e tempi è storia a sé.

Il manager con il suo inglese e la sua aura incrocia la vita del nigeriano

Il dettaglio si innesta nell’ingranaggio, facendo scattare in avanti le lancette di un orologio fatto di ghiaccio e polvere di stelle che, seduto a gambe accavallate sul bordo di un buco nero nano (perché quelli grandi gli fanno venire le vertigini), mastica in silenzio una meteora (che sarebbe scomparsa comunque di lì a poco). I draghi, fintamente immobili, stanno a guardare.

Già, picchì u niuru non parra bonu (perchè il nero non parla italiano..). Terra straniera, lingua sconosciuta, diciotto anni di carcere da scontare in carcere per un processo del quale ignorava l’esistenza, quarant’anni di età ed una vita bruciata senza neanche sapere come.
La realtà, vista negli occhi, sa essere epicamente intensa.

Accade così che il manager decide di pagare un avvocato, (il collega al quale era stato affidato il fascicolo del colletto bianco), al nigeriano.

Il giovane avvocato legge, studia, si impegna, investiga. L’alma del mundo continua a parlare e viene ascoltata.

Il passaporto viene ripescato dal fondo dell’oblio della cancelleria della Procura della Repubblica, impastato di dimenticanze, leggerezza, e ingiustizia. Alla data indicata dalla vittima, in quel lontanissimo 2006, non risulta alcun timbro della dogana nigeriana.

Lui non era lì dove dicevano che fosse, in occasione dei fatti per i quali è stato condannato.

Ma v’è di più. L’ambasciata fornisce il certificato di morte del padre. Non era più in questo mondo al tempo dei fatti per i quali è stato condannato il figlio.

Colpo di scena, rullo di tamburi, bum splash bam!

Una chiamata interrompe la cena che spezza un filo. La giostra negata, il circo mancato. Jazz. Librerie. Sushi. Coccole. Pranzo. Poi riprende la cena interrotta. E così tutto il resto sembra riprendere il suo corso.

Ma succede ancora un’altra volta. Un messaggio proprio quella mattina libera, il panciotto del bianconiglio dietro la toga del Presidente. Poi il libro. Certe volte mi viene da pensare che l’abbiano davvero, un’anima. I libri intendo. Ho detto queste parole quando l’ho regalato e lo ritrovo proprio lì, sul tavolo degli avvocati.

Pronto a dar colore ad un’arringa.

Ma l’anima del mondo non sempre viene letta.

Io, nonostante tutto, non mi arrendo.