Dunque ieri ha fatto neve.
Una neve imprevista e prematura che ha sorpreso sulla costa i gerani e i nasturzi ancora in fiore.
Ieri sera i fari del ripetitore li avresti facilmente scambiati per gatti delle nevi che battevano le piste.
Persino i passeri intirizziti hanno rinunciato alle briciole serali.
Ma stamattina tutto è passato, il cielo è terso e il sole limpido.
Così quando di buonora ti metti in strada, destinazione catasto,
hai un pensiero anarchico e ti dici che no, non vuoi prendere il diciassette affollato e infilarti nel traffico.
Ma allungherai anzi la strada in direzione opposta, farai la passeggiata a mare e prenderai il treno litorale.
Quattro fermate, ore otto e trentanove.
La passeggiata è una rivelazione.
Il mare calmo, il sole obliquo e tutto luce.
L’onda lunga residua di libeccio non si fa accorgere mentre arriva,
ma poi come sferzando da sotto in su nella calma apparente,
si stravolge di schiuma tra le rocce.
Incanto, ipnosi. Confessiamolo, due foto. Otto e trentotto.
La stazione è lì sopra. Il treno sarà in ritardo.
No, arriva.
Corri a precipizio, esiti un istante ma no, non puoi tardare.
Sali a bordo senza biglietto.
Quattro fermate, arrivo ore otto e cinquantaquattro.
Penale, cinquanta euro se non avvisi il controllore.
Allora avanzi in testa al treno e lo cerchi.
Lo trovi affacciato al finestrino.
Scusi. Non sente. Scusi. Non sente. Scusi...
Ah, scusi, stavo guardando il mare.
Eh, la capisco, non ho il biglietto, ho fatto tardi, guardavo il mare.
Ma io devo farle pagare la penale, sono cinquanta euro se non mi avvisa.
E infatti io l’avviso: guardavo il mare.
Ma non le conviene, sono comunque cinque euro: è più la penale del biglietto.
Lo so, ma lo spettacolo valeva la spesa.
Va bene, si accomodi, passo tra poco e le faccio il verbale.
Ma poi decide che per quattro fermate vale la pena restare affacciato al finestrino.
Guardare il mare.