lunedì

Odio l'estate



Trentotto di febbre, a giugno è una scocciatura. E' vero che questo giugno sembra un aprile, ma febbre a trentotto è una scocciatura. Di domenica. Non che sia diverso dagli altri giorni, ma un motivo in più per scocciare, perché la ragazzina (posso forse chiamarla dottore?) della guardia medica ci ha messo due ore ad arrivare e non capiva niente.

Quando avevo un lavoro bastava una telefonata, avvertire l'ufficio e rimettersi a letto. Poi con calma due certificati e una tachipirina.

Adesso che a 48 anni il lavoro non ce l'ho più e sto cercando di imparare a far la contadina nel podere di mio nonno, la febbre a trentotto è una bella scocciatura. E anche le due ore di ritardo della guardia medica. E anche i prossimi giorni: si vedrà come starò, comunque l'orto è da mandare avanti.

Con la liquidazione e quello straccio di risarcimento per il mobbing non ci si fa niente, al massimo la nuova motozappa.

Mi fermo un attimo, sono troppo sudata se mi raffreddo poi è peggio. La gatta bianca poveretta viene ad accoccolarsi a fianco a me, sempre in cerca di attenzioni. Invece io non riesco più a guardarla, tutta mangiata com'è dalla malattia. E soprattutto non riesco a guardare i suoi occhi fiduciosi che non sanno: che sto solo -pietosamente, crudelmente- rimandando il momento di portarla a fare l'ultima iniezione.

Mi fermo un attimo, allungo le gambe e cerco di respirare. Brutta situazione. Speriamo almeno che la chemio funzioni.