C'è questo gatto rosso e grosso, selvatico e tozzo,
viene sempre a rubare il cibo alla mia Bianca e alla mia Grigia.
Si affaccia dal tetto del casotto della legna, si apposta quatto quatto,
e quando mi allontano si lancia gatto gatto sui piattini della pappa.
Unghiate soffi e miagolii, poi la Bianca e la Grigia finiscono per farsi da parte, lappano casomai un piattino in due, e lasciano campo al Rosso.
Poi un giorno il Rosso scompare.
Poi un giorno ricompare.
Ha il muso devastato, una maschera di sangue un grumo di ossa e carne.
Un brutto incontro, un paraurti o uno schioppo.
Mangia e fugge, poi scompare.
Poi un giorno ricompare.
Gli si è risaldato il cranio, gli è ricresciuto il pelo.
Ma ha la testa asimmetrica, una luna calante la gobba a levante.
E un occhio fuori posto.
Ora è un gatto rosso e un po' cubista, e l'ho chiamato Picasso.
Ieri ho tentato un approccio, due chiacchiere.
Era un po' stupito dall'occhio buono, ma si è lasciato avvicinare.
Forse aveva solo bisogno di un nome.
Credo che aggiungerò un piattino.