E non certo per questioni oggettive: i materiali i costi e le performance sono assolutamente favorevoli.
Ma lo si ama o lo si odia soprattutto per quell'impalpabile, inafferrabile sfumatura culturale che porta con sé. Il riso in bianco fa riferimento a un understatement gastronomico che per inevitabili pregiudizi o si accetta o si rifiuta.
Il riso in bianco si rivolge a un pubblico dai gusti semplici e vorremmo dire modesti, se non addirittura dimessi. Un pubblico certamente conservatore, con un passato - o un futuro - digestivo illanguidito e con qualche concessione a proiezioni affettive infantili.
Anche i tentativi di rivisitazione, per quanto coraggiosi, vengono accolti con una certa freddezza: dalle interpretazioni esotiche basmati alle raffinatezze gourmand con spolvero di tartufo, dalla rivalutazione ideologica bio alle esasperazioni haute cuisine con formaggio di fossa e burro di malga.
Ma persino le sperimentazioni sul tema, per fortuna, non osano stravolgere l'incrollabile compattezza tradizionale del riso in bianco, mantenendo ferma quella che ne è la cifra stilistica invariabile: la cottura.
Sempre rigorosamente mezzo minuto dopo il punto.
Voto: ***
Giudizio: Non per tutti